L’inno della Giostra del Saracino, meglio conosciuto come “Terra d’Arezzo”, fece la sua prima apparizione nel 1932. Voluto dal podestà Pier Ludovico Occhini il testo si deve ad Alberto Severi mentre le musiche furono composte da Giuseppe Pietri.
Giuseppe Pietri (Sant’Ilario nell’Elba 1886, Milano 1946) era un aretino di adozione, fu compositore e musicista dello stile operetta di fama nazionale. Diplomato presso il Conservatorio Verdi di Milano debuttò giovanissimo con l’opera lirica Calendimaggio e tra le operette più famose si ricordano “Addio giovinezza!” e “L’acqua cheta…”. A lui è dedicata una via e un parcheggio proprio sotto le mura a Nord della città, inoltre il museo Muncas (Museo nazionale del collezionismo storico) nel 2016 gli dedicò una mostra, mentre il mondo della Giostra gli rese omaggio dedicandogli la Lancia d’Oro dell’edizione di giugno dello stesso anno.
Alberto Severi (Arezzo 1883, 1958) era un aretino doc, poeta vernacoliere ha lasciato innumerevoli opere di stampo popolaresco. Fu vice podestà e socio e consigliere anche della “Brigata Aretina degli Amici dei Monumenti”, a lui il mondo giostresco ha reso omaggio dedicandogli l’edizione della Prova Generale della Giostra del settembre 2012.
Terra d’Arezzo come detto fece il suo esordio nel 1932 e inizialmente era cantato da un coro e musici guidati dal Maestro Pier Alberto Dini che lo riadattò per la filarmonica “Guido Monaco”, ciò lo lega anche alla tradizione coristica aretina. Successivamente alla II Guerra mondiale la Giostra riprese nel 1948 e per un lungo periodo Terra d’Arezzo fu trasmesso da una registrazione, infatti solo dal 1987 lo stesso è suonato dalle compagini giostresche del Gruppo Musici di Arezzo e dal Gruppo Sbandieratori.
Dal tono risorgimentale e inscritto nel filone romantico l’inno della Giostra esalta la storia della città e le gesta della sua gente e fu subito apprezzato da una città come Arezzo, all’apparenza un po’ burbera e schiva, ma capace di grandi slanci di generosità, che nelle sue strofe e nel suo ritmo ritrovavano l’antico ardore. Da ormai molti anni ha varcato i confini di piazza Vasari ed è considerato l’inno dell’intera città.
Quello che però sfugge ai più è che Terra d’Arezzo sia suonato solo per la metà, infatti oggi è cantato solo nella prima strofa e nel suo ritornello, mentre la seconda parte è dimenticata e questo è un gran peccato visto la forza delle sue parole che vanno perfettamente ad integrare per simbolismo e melodia l’intero testo.
Questo sembra ormai solo un retaggio dei momenti in cui la Giostra non godeva delle attenzioni che meritava, magari un domani potrebbe ritrovare il suo spazio nella sua completezza.
Ecco quindi il testo nella sua completezza:
“Terra d’Arezzo, un cantico salga dal nostro cuore
a te, che luce ai popoli fosti col tuo splendore.
Da quasi trenta secoli parla di te la storia
e mille e mille pagine consacra alla tua gloria.
Galoppa galoppa, o bel cavalier,
tu sei la speranza del nostro Quartier;
col braccio robusto che piega il destin,
trionfa, o gagliardo, del Re Saracin,
trionfa, o gagliardo, del Re Saracin.
Or che risorgon gli animi, d’Italia al nuovo sole,
terra d’Arezzo, esaltati, ché in marcia è la tua prole.
Le mete già sfavillano dinanzi al nostro ardire;
santo è l’amor che infiammaci, più santo è l’avvenire.
Galoppa galoppa, o bel cavalier,
tu sei la speranza del nostro Quartier;
col braccio robusto che piega il destin,
trionfa, o gagliardo, del Re Saracin,
trionfa, o gagliardo, del Re Saracin.”
Riccardo Pichi
Fonti:
https://www.ilbando.com/giostra/terra-darezzo-la-versione-originale
https://www.arezzoweb.it/2012/giostra-la-dedica-della-prova-generale-di-settembre-ad-alberto-severi-77194.html
https://www.amarantomagazine.it/news_dett.php?id=3849https://www.ilpostalista.it/arezzo/arezzo_0260.htm