Bisogna sapere che fino agli anni Trenta del secolo scorso non esisteva un premio fisso per i vincitori delle Giostre, ma variava da Giostra a Giostra.
Seppur ancora può sfuggire un “Lancia d’Oro” è risaputo che il Rione Burgi vincendo la Giostra del 7 agosto 1931 si aggiudicò una bandiera di raso rossastra con le insegne del Comune assieme ad una targa di bronzo ed una medaglia d’oro.
La Lancia d’Oro fu introdotta a partire dalle Giostre del 1932 (e per alcuni anni non sostituì la bandiera, ma vi si aggiunse)1, il primo Quartiere ad aggiudicarsela fu Santo Spirito (7 agosto), seguito da Crucifera (19 settembre), mentre nel 1933, come se volesse entrare subito nei cuori di tutti e quattro i popoli, la gioia di alzarla arrise alle compagini di Porta del Foro (6 agosto) e Sant’Andrea (24 settembre).
Sfortunatamente però non si è conservato nessun documento che indichi specificatamente perché fu scelta, ma probabilmente la risposta la indicò già Enzo Piccoletti:2
La cronaca della Giostra del 1677 riporta infatti che dopo i cerimoniali di apertura e prima dell’avvio delle carriere il neo Principe dell’Accademia degli Oscuri Filippo dei Massi, nonché ‘sponsor’ di quella edizione, dal suo “… seggio, alla cima di un’Asta – una lancia n.d.r. – commise più libbre d’oro, in vaghe anella ritorto con bel serto di quercia”; fatto ciò, esclamando “SOL LA BELLA VITTORIA”, ordinò ad un paggio che “alla vista commune … s’inalzasse”; quindi in quel 1677 si disputarono una lancia adornata da ori. Pertanto la Lancia d’Oro come la conosciamo oggi non sarebbe stata tanto una innovazione, quanto una analogia con quella giostra lontana ormai 343 anni.
Sempre negli anni Trenta del secolo scorso per il Quartiere vincitore l’Opera Nazionale Dopolavoro metteva in palio 500 Lire3 e nel 1935 istituì anche il particolare riconoscimento dello Scudo d’Onore4: un vero scudo di legno di grandezza naturale a foggia di ferro di vanga con inciso il cavallo inalberato e il capo del Littorio, sul cui retro vi sarebbero dovute essere apposte targhette con le varie vittorie. A differenza degli altri era previsto che il vincitore lo avrebbe conservato solo fino all’edizione successiva per poi essere nuovamente “disputato”; così che l”onore’ presumibilmente consisteva nell’essere il ‘campione in carica’.
Lo stesso Dopolavoro nello stesso 1935 stanziò ulteriori 200 Lire per il sodalizio che avesse “offerto il maggior contributo ed entusiasmo nella preparazione e nello svolgimento delle due prossime edizioni della Giostra5”. Questa attenzione per l’elemento scenografico ben si riallaccia alle modalità dei tornei antichi, o varie feste cittadine che fossero, dove l’attenzione per l’eleganza, lo sfarzo e la corretta esecuzione fu sempre irrinunciabile arrivando ad avere una propria tipologia di premiazione, la cui più diffusa fu il cosiddetto Masgalano (mas: il più, galano: elegante).
Anche per le giostre aretine, seppur non persero mai il peculiare “carattere di vivacità e combattività6”, ci è confermato da varie ricordanze che spesso esaltano gli allestimenti, le vestizioni o l’ardore del giostratore nel gesto tecnico piuttosto che il punteggio e il premio, che, anzi, capita che neanche siano annotati.
Ad esempio nella Giostra del 1605 corsa a Pisa al vincitore andò un “ricco Bacino d’argento artificiosamente lavorato”, ma sembra che, oltre al punteggio, i Giudici valutarono le capacità del cavaliere in “destrezza, forza, e pratica in quel fatto di incolpire, urtare e, rompere, come in portare vagamente lance”7; mentre nel 1612 oltre a “tre collane d’oro e una bottoniera d’oro con gioie di diversa natura” fu assegnato, appunto, un Masgalano8. Ecco quindi che con le 200 Lire del 1935 ricercavano e richiamavano, con i dovuti distinguo, esigenze e componenti intrinseche della tradizione giostresca.
Successivamente all’interruzione dovuta allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale fu riproposta una gratificazioni per analoghe ragioni consistente in una bandiera9 (che nel mentre era andata in disuso), la quale ebbe però vita breve. Tranne un tentativo di reintrodurla a metà anni Settanta10 solo dal 2014 si avrà coerenza e costanza con il premio Fulvio Tului, consistente in una targa e 1000 Euro, assegnato al Quartiere che avrà dimostrato maggior: “armoniosità nel complesso, adeguatezza, attinenza scenica”.
Ribadendo che non tutte le fonti sulle Giostre riportano il premio che fu assegnato e già annotati i premi per le Giostre del 1605, 1612 e 1677, gli altri premi documentati furono un palio, cioè un panno di stoffa pregiata (126011, 1491, 1492, 1535, 17 ottobre 161612), 40 scudi più una collana d’oro (18 settembre 161613) e 10 dobole (1677).
Dalla metà del Settecento le giostre seguono, se non anticipano, l’evolversi della società venendo corse dagli artieri14 (gli artigiani, descritti nel 1810 come “abili e giovani cittadini che dimostrano prontezza ed agilità”)15, i cui premi in conseguenza persero un po’ di ricchezza: in più occasioni è una posata d’argento16, mentre in una sono 5 zecchini (1811)17.
Le fonti da fine Settecento ci parlano anche del popolano ‘Gioco del Buratto18‘ (il ‘cavaliere’ era trainato su di un carretto) il cui premio era un capo di vestiario19 o vari generi alimentari.
A conclusione di questa veloce carrellata si può ricordare che secondo lo Statuto Comunale del 1327 nella corsa dei cavalli (il ‘palio’, il cui nome deriva dalla tipologia del primo premio n.d.r.) che si svolgeva per le ricorrenze patronali il terzo classificato era omaggiato con una porchetta. La stessa gratificazione che oggi va ad arricchire le tavole del Quartiere trionfante nella Prova Generale e perciò quando i più fortunati si godranno un ottimo panino potranno con un sorriso ben sostenere di stare onorando una tradizione secolare.
Riccardo Pichi