La consegna del Bastone di Comando, i giuramenti dei Capitani e l’estrazione delle carriere: E’ GIOSTRA!!

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“E’ GIOSTRA!”

E’ con questa esclamazione che gli aretini si alzano il giorno della cerimonia delle estrazioni delle carriere, perché da quel momento Arezzo entra in un clima che agli occhi del forestiero può sembrare artefatto, un fermento che si percepisce e si sente nella doppia valenza di liturgia giostrasca e di fiamma degli animi.

La parte clou è sapere cosa avrà deciso Northia (la Dea etrusca del fato e della fortuna) per l’ordine delle carrierea. Da quel momento partono le strategie dei Capitani e dei Consigli Direttivi assieme al susseguirsi di commenti, pronostici, scaramanzie e statistiche e infiniti arcobaleni di racconti e aneddoti.

La cerimonia prevede l’investitura del Maestro di Campo e poi, secondo il Quartiere estratto, dei Capitani; protagonisti in cui la Giostra mostra tutta la sua natura schietta di torneo immerso nelle metafora di
“vera immagine di guerra, non più veduta … ne … usitata per l’Italia, ne forse per il mondo, eccetto, che nell’antica Città di Arezzo”
come scriveva già più di 400 anni fa il letterato Umberto Mureti.

Il Maestro di Campo è la più alta autorità nell’Arringo a cui devono rispondere tutti i figuranti e anche i Capitani ovviamente. Non certo per ‘cortesia’, ma la formalità risiede nella liturgia della consegna del Bastone di Comando direttamente dal Sindaco, investitura che sarà totale e in nome della città di Arezzo:

“A nome dell’antichissima e nobilissima città di Arezzo, nella mia qualità di Sindaco consegno il bastone di comando ed investo delle funzioni di Maestro di Campo Messer … “.

Segue il Maestro di Campo che recita la presa di impegno solenne.

“Grato dell’onore concessomi, al cospetto del Santo Donato, patrono e protettore della città delle camparie, delle cortine e del distretto di Arezzo: giuro di osservare con lealtà ed imparzialità le regole cavalleresche che governano la Giostra del Saracino.”

I Capitani rispetto al Maestro invece si presentano e rappresentano i singoli Quartieri:

“A nome dell’antico e glorioso Quartiere di Porta … – giurano tra l’altro di rispettare – … gli ordini del Maestro di Campo, i deliberati della Magistratura e i pronunciamenti dei giudici”.

Nobili propositi e impegni solenni e d’onore. Seguono le estrazione delle carriere da parte dei paggetti dei Quartieri al cui termine quel clima da Giostra velocissimo si espanderà, seguendo il vento, scorrendo di sangue in sangue fino all’ultimo cittadino. Perché da ora: “E’ Giostra!”

Si instaura un ‘sistema sociale‘ che si adatta alle regole giostresche: le giornate sono scandite dagli orari delle prove in piazza, dei ritrovi ai Quartieri e le altre cerimonie del Saracino, non si parla di altro che di Giostra e, anche, alla passione è concesso uno spazio in più.

Ma sono anche i periodi dove l’aretino si riappropria fisicamente e spiritualmente della città antica e della sua storia, che risponde tirandosi a lucido e vestendosi dei suoi abiti migliori, dei colori delle bandiere, dei suoni dei tamburi e delle chiarine.

E’ questa la parte della festa e della spensieratezza ove trovano spazio i più piccoli, il piacere di stare assieme, di incontrarsi, quando ai più grandicelli le madri concedono dei permessi maggiori; gli ingrigiti ringiovaniscono e anche il bruto che la domenica ringhierà all’avversario difendendo centimetro su centimetro indosserà i panni del buon padre o zio; le famiglie condividono momenti di città, di unione, di gioia.
Perchè forse, semplicemente, ‘sotto Giostra, l’aretino si ritrova.

Nulla di statico quindi, un crescendo, un’attesa che i più bravi saprebbero scriverci un libro, per noi bastano due parole: “E’ Giostra!”; perchè … poi, Giostra sarà, quella vera!