La Pieve di Santa Maria Assunta che possiamo ammirare oggi è l’ultima versione di una chiesa che nel corso dei secoli ha cambiato più volte volto. Il primo documento che ne attesta la presenza è datato 1008 anche se, in quel luogo, si ergeva da secoli un edificio religioso. Gli scavi archeologici svoltisi nell’Ottocento hanno infatti evidenziato come nel V-VI secolo vi fosse già una piccola Pieve di forma rettangolare. A partire dal IX secolo venne costruita al posto del vecchio edificio una nuova Pieve. Sempre in quel periodo è attestata la presenza di un battistero, elemento che la innalza a chiesa battesimale. Su questa versione sappiamo ben poco e ricostruire come essa appariva risulta molto difficile. Di certo sappiamo solamente che all’ingresso vi era una grande scala[I] che nel corso degli anni si è ridotta fino a scomparire del tutto. Attorno al 1150 si decise di distruggere anche questa seconda versione per costruirne una nuova in stile romanico[II] che è quella che possiamo ammirare oggigiorno. Non abbiamo una data certa per la fine dei lavori ma è stato ipotizzato che venne terminata attorno al 1227. Per la facciata ed il campanile ci volle più tempo: la prima venne conclusa nel 1250 mentre per il secondo dobbiamo aspettare il 1330.[III]
Su come dovesse apparire l’interno della chiesa in epoca medievale non abbiamo notizie certe. Probabilmente la pianta era, almeno come dimensione, simile a quella attuale e vi era un presbiterio sopra la cripta molto simile a quello della chiesa di San Miniato al Monte a Firenze.[IV]
Sempre nel 1300 vennero aggiunti altri elementi ancora presenti, come il polittico di Pietro Lorenzetti e la cappella di San Donato. Le 27 cappelle che vi erano attorno al 1390 purtroppo oggi sono andate completamente perdute.
In età moderna la Pieve visse i suoi momenti più bui, altro che Medioevo! La serie di rimaneggiamenti fu iniziata verso il 1560 da Giorgio Vasari. Quest’anno ricorrono i 450 anni dalla sua morte e giustamente sarà celebrato in tutta Italia. Ciò non toglie che ciò che fece con la Pieve fu un vero e proprio buco nell’acqua. Non tenne affatto conto della storicità e dell’importanza dell’arte medievale e sappiamo per certo che decise di rimuovere l’altare maggiore in pietra sostituendolo con uno ligneo e di destinare ad altro luogo il polittico del Lorenzetti. Come se non bastasse rifece la pavimentazione, aggiunse nuove finestre e spostò il coro dalla sua posizione originaria. Ulteriori danni vennero fatti nei secoli successivi. Il coro ed il presbiterio vennero nuovamente modificati, vennero distrutte le rimanenti cappelle trecentesche ed intonacati gli affreschi. Come se non bastasse l’accanimento dell’uomo ci si misero di mezzo anche problemi geologici e la Pieve iniziò ad accusare importanti problemi statici.
Per scongiurare il pericolo di un crollo, ormai imminente a causa del peggioramento di quei problemi, intervennero con un sostegno economico Comune, Stato e cittadini. La chiesa venne chiusa nel 1863 ed i lavori terminarono nel 1878. Anche in questo caso i lavori non furono fatti nel migliore dei modi e molti dei resti medievali seppur recuperabili vennero distrutti. Il Tafi è molto critico verso le decisioni che vennero prese ed io non mi sento di dissentire.[V]
Altri problemi di conservazione si sono susseguiti nel corso degli anni. Un primo problema fu quello dello sgretolamento delle pietre esterne nella seconda metà del secolo scorso, un altro, più recente, quando lo scorso giugno, pochi giorni prima della Giostra del Saracino, si è staccato un pezzo di una delle colonne che compongono la facciata. L’intervento è stato tempestivo (forse per salvaguardare la stessa Giostra) e la Pieve è stata subito messa in sicurezza. Ad ora si trova coperta da impalcature con la speranza che i lavori si concludano quanto prima in modo da poter restituire al popolo aretino la sua chiesa.
Samuele Oroni
Bibliografia
-A. Tafi, Immagine di Arezzo, Guida storico-artistica, Banca Popolare dell’Etruria, 1978.
–A. Tafi, La Pieve di S. Maria in Arezzo, Calosci-Cortona, 1994
–A. Tafi, Le antiche pievi, madri vegliarde del popolo aretino, Calosci-Cortona, 1998
-F. Paturzo, Arezzo medievale, dalla fine del mondo antico al 1384, Calosci-Cortona, 2002.
-G. Nocentini, Antiche memorie nelle vie di Arezzo. La storia delle vie, piazze e chiese della città antica: biografia, aneddoti, curiosità degli uomini d’arte e di cultura, Arezzo, Edizioni Helicon, 2003.
[I] Da questa scalinata deriva il vecchio nome di “Plebs sancte Marie ad grada” (Pieve di Santa Maria in gradi).
[II] Lo stile romanico ha origine in Francia proprio a cavallo tra XI e XII secolo. È caratterizzato dall’impiego di archi a tutto sesto, volte a crociera ed importanti fondamenta in grado di sopportare l’importante peso della struttura.
[III] I lavori per il campanile vennero però iniziati più tardi rispetto alla chiesa, nel 1216.
[IV] V. Tafi, La Pieve di S. Maria in Arezzo, pp. 26-29.
[V] Id. pp. 47-52.
Note
[1] La narrazione si concentrerà sull’aspetto storico della Pieve. Per la descrizione artistica, non essendo materia di mia competenza, rinvio al libro di Mons. Tafi “La Pieve di S. Maria in Arezzo” pp. 59-113.
[2] Da questa scalinata deriva il vecchio nome di “Plebs sancte Marie ad grada” (Pieve di Santa Maria in gradi).
[3] Lo stile romanico ha origine in Francia proprio a cavallo tra XI e XII secolo. È caratterizzato dall’impiego di archi a tutto sesto, volte a crociera ed importanti fondamenta in grado di sopportare l’importante peso della struttura.
[4] I lavori per il campanile vennero però iniziati più tardi rispetto alla chiesa, nel 1216.
[5] V. Tafi, La Pieve di S. Maria in Arezzo, pp. 26-29.
[6] Id. pp. 47-52.