Ecco un nuovo capitolo della rubrica di Correr Giostra dedicata ai cavalli storici, questa volta parleremo della Deba, il cavallo con cui esordì Alessandro Vannozzi. Insieme hanno disputato 10 giostre tra il 1994 e il 1999.
Ci racconti com’è stata la prima volta che hai visto e montato la Deba? E’ stato amore a prima vista o avete dovuto lavorare sodo per raggiungere l’intesa che vi ha legato?
La Deba è un cavallo che ho visto crescere, mio babbo Eugenio l’ha comprata nel marzo 1987 che aveva 4 anni ed è stata nella nostra famiglia fino al 2001. Ho condiviso con lei tanti momenti indimenticabili. I primi ricordi sono sicuramente di quando era piccola. Ricordo bene le Giostre che ha vinto con mio babbo del: ‘88, ‘89, ‘91, ‘92, ‘93. Anche il fatto di averla “ereditata” mi fa dire che non è stato amore a prima vista. Cosa che invece posso dire sia per la Perla che per la Sasha, cavalli con cui ho sentito un legame al primo sguardo. Il legame con la Deba è maturato nel tempo e mi ha lasciato tantissimo sia come giostratore sia a livello umano.
Quale era l’unicità o il particolare che l’ha resa diversa dagli altri cavalli che hai montato?
La sua unicità era la sua grande esperienza, questo l’ha resa la cavalla perfetta con cui esordire. Non dovendomi preoccupare di gestire tutte le problematiche di un cavallo esordiente, ho avuto la possibilità di concentrarmi più su me stesso e sul prendere confidenza con la piazza. Inoltre la Deba e la Perla erano due cavalli molto reattivi con un galoppo costante e veloce. Sono sempre stato un amante di questo tipo di cavalli, ti permettono di non dover stare troppo attento al cavallo durante la carriera. Non posso dire lo stesso della Sasha. Lei dovevi spronarla fino a dietro le logge; più di una volta mi è successo di arrivare sotto il buratto e dire “ecco vai ora prendo la frustata del Mazzafrusto“, per fortuna non è mai successo.
Quale era il suo pregio migliore durante la Giostra? Ed il difetto che non sei mai riuscito a toglierli?
Il più grande difetto della Deba era che avendo corso molte carriere, con il tempo quando arrivava sotto il Buratto tendeva ad uscire dalla traiettoria per evitare il colpo. Questo mette il giostratore in difficoltà perché è obbligato a cercare molto di più il tabellone e ad allenare l’occhio a cercare il punto. Con il tempo però mi sono reso conto che è stato allo stesso tempo il suo più grande pregio. Infatti quando ho smesso di utilizzarla per la Giostra, ho montato cavalli meno esperti di lei che ovviamente rimanevano in traiettoria. Questo mi permetteva di effettuare una carriera molto più comoda e cercare il punto con più facilità. Sono questi gli aspetti che la rendono speciale, avere avuto lei come prima cavalla ha modellato tutta la mia carriera giostresca.
Credi che morfologicamente , sarebbe un cavallo affidabile anche per la Giostra di oggi?
A mio parere è difficile poter dire che un cavallo sia perfetto per quel tipo di manifestazione o altro; dal mio punto di vista sono molto importanti le caratteristiche del giostratore. Come ho già detto, io ero un amante dei cavalli di sangue, ma non per tutti è così, ognuno apprezza e trova affini a sé caratteristiche diverse. Ricordando le parole di un grande giostratore, ovvero Marco Filippetti, “un vero cavaliere si adatta al cavallo che ha, il resto sono solo scuse”. Posso solamente dire che un cavallo con l’esperienza e il galoppo della Deba secondo me potrebbe ancora dire la sua nella Giostra di oggi.
Ci racconti un aneddoto della vostra vita privata per farci capire il suo carattere ed il vostro rapporto?
Pensando alla Deba mi viene subito in mente un episodio molto divertente. Quando mio babbo giostrava con il Filippetti, i cavalli erano tenuti a San Fabiano. Io ero sempre con loro a dargli una mano, spesso capitava dovessi portare la Deba alle prove. Ma invece di fare la strada normale, per fare prima, si passava dai campi, c’era una grande discesa e poi un fosso. Quest’ultimo non era per niente piccolo, anzi era bello grosso, toccava fare un bel salto. La Deba era focosa da grande figuriamoci i primi tempi, la prima volta che saltai quel fosso con lei c’è mancato poco che cadessi per terra. Quel salto l’ho dovuto fare molte volte e non potevo neanche pensare di scendere da cavallo o prendere altre strade. Questo perché con me c’era il Filippetti e per lui bisogna sempre comportarsi da cavaliere. Ma non è finita qui, questa era solo l’andata, il ritorno era anche peggio. I cavalli capendo che stavano tornando in stalla dopo il salto partivano al galoppo per fare prima, ovviamente questo aumentava soltanto le mie paure. Insomma quel fosso e quella strada sono stati un vero incubo, ora ci rido ma in quei momenti avevo veramente paura.
Quando hai smesso di utilizzarla in Giostra com’è continuato il vostro rapporto?
La Deba dopo la sua ultima Giostra è rimasta per un altro paio di anni con noi, poi l’abbiamo data ad un agriturismo a Lucignano che aveva diversi cavalli in pensione che ogni tanto venivano montati. E’ stata dura lasciarla.
Tra tutti quelli che hai visto nella tua lunga carriere, c’è un cavallo che ti sarebbe piaciuto montare?
Guardando ai tanti cavalli che ho visto ce ne sono stati alcuni che avrei montato con piacere. In particolare però devo dire che il cavallo che più di tutti mi ha affascinato è Fra Diavolo di Martino Gianni: di quel cavallo ero innamorato. Mi piaceva così tanto che sinceramente se lo avessi avuto, per paura di rovinarlo, non lo avrei nemmeno usato per la Giostra. Era veramente un cavallo bellissimo, me lo ricordo ancora molto bene.
C’è qualcosa che non ti ho chiesto che ti farebbe piacere aggiungere?
Sulla Deba non ho più altro da dire, mi fa sempre piacere ricordare i momenti passati con lei. Ringrazio Correr Giostra per questa intervista e faccio un caloroso saluto a tutti i lettori.
Lapo Peruzzi