Inizia oggi un viaggio nei quartieri raccontando riti scaramantici, superstizioni, scongiuri e tutto ciò che un quartierista può fare per farsi amica la Dea Bendata.
- “Allora hai pensato a qualcosa? quest’anno che si fa?”
- “Non lo so ma qualcosa bisogna fare, anno scorso a settembre un s’è fatto niente e s’è perso”
- “Ho capito ma a giugno s’era andati a infilare un calzettone verde e uno bianco al cavallo della rotonda del Baldaccio e un s’è vinto uguale… comunque hai ragione meglio organizzare qualcosa, essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male!”
Cominciano quasi sempre cosi le mie giornate a ridosso della Giostra, con il mio fidato amico Federico cerchiamo un modo per ingraziarsi la buona sorte e far si che tutto vada per il verso giusto, ogni edizione un piccolo gesto per ricordare alla dea bendata la nostra presenza. Ma quanto è importante la superstizione e la scaramanzia nel mondo giostresco? Lo abbiamo chiesto a diversi autorevoli personaggi del mondo bianco-verde.
Cominciamo con Claudio Milesi che ci racconta come sono nati i primi “scongiuri”:
“Negli anni ’80 iniziò la tradizione detta degli “scongiuri”, la sera della cena propiziatoria a mezzanotte precisa si andava in piazza Grande, eravamo sempre almeno una cinquantina di persone ed ognuno faceva i propri riti, che prevedevano quasi tutti lo spargimento di sale nei vari punti della piazza, i più “salati” la mattina dopo erano sicuramente il piedistallo del buratto, la colonna dell’araldo e il pozzo. Un altro aneddoto che voglio raccontare, anche se fu una cosa sporadica e mai più ripetuta, fu la visita alla tomba del rabbino di Praga: durante una zingarata con i giovani del quartiere il nostro Gino ci disse che visitare la tomba di un rabbino fosse un gesto che garantiva fortuna, non ce lo facemmo ripetere, visitammo questa tomba con grande rispetto portando anche dei fiori, ovviamente vincemmo l’edizione successiva!”.
Sentiamo adesso Stefano Cherici ex giostratore, vincitore di 10 lance d’oro:
“Io in realtà non sono mai stato una persona troppo scaramantica, ci sono però un paio di attenzioni che ho sempre rispettato durante tutta la mia carriera: prima cosa la maglietta che tenevo sotto il costume, sempre la solita dalla prima all’ultima Giostra! E poi c’era un oggetto che tenevo sempre nello stivale destro, regalatomi da una mia carissima amica, di cui preferisco non rivelare altro se non che mi ha accompagnato in ogni sfida al buratto”.
E adesso passiamo al racconto di Alessandro Mangani, consigliere ed ex maestro d’armi con i suoi portafortuna culinari:
“La cabala in Giostra è importante, ci sono cose che non vanno mai cambiate. Con il mio gruppo formato da il Roccia, il Globo, Maurizio, Tiziano e i fratelli Montini è ormai dagli anni ’90 che cascasse il mondo la sera della Prova Generale alle 19 ci aspetta la pizza della pizzeria Italia. In tutti questi anni non abbiamo mai saltato questa cena speciale e vivere anno dopo anno questo momento, accorgendosi di tutto il tempo che è passato, ti fa assaporare tutta la solennità di questo semplice rituale.
Però la tradizione a cui ero più affezionato era quella che riguardava i cavalieri di casata. Negli anni ’90 più o meno i cavalieri di casata venivano fatti sempre dalle stesse persone, avevamo creato un bel gruppetto con alcune tradizioni che rispettavamo ogni Giostra. La più importante era il pranzo preparato dalla mia mamma a base di pasta al forno fatta in casa e nana arrosto, il tutto condito ovviamente da un buon vino che a turno veniva portato dagli altri. Ecco per noi quel piccolo momento, mangiare tutti insieme sempre la stessa cosa, sempre con le stesse facce, sempre alla stessa ora, era un iniezione di carica e fiducia che adesso che non mi vesto più da cavaliere di casata da un po’ di tempo mi manca veramente tanto”.
Chiudiamo con Andrea Lanzi, ex capitano e considerato da molti come una delle figure più scaramantiche del quartiere:
“Innanzitutto sfatiamo questo mito, non sono scaramantico, mi sono soltanto accorto che fare determinate cose all’apparenza inutili può aiutarti a ritrovare quel pizzico di fiducia e sicurezza in te stesso che a volte può fare la differenza fra una vittoria ed una sconfitta.
Comunque partiamo dall’inizio, quando ancora non ero capitano: io ed il giostratore Maurizio Sepiacci avevamo il nostro rito personale, la sera della cena propiziatoria andavamo a posare un fiore e dire una preghierina alla Madonna e Padre Pio che sono situati nell’angolo fra via Oberdan e via dell’Agania, prendevamo il motorino ed in 10 minuti andavamo e tornavamo in modo che nessuno se ne accorgesse.
Da capitano devo ammettere che nei giorni precedenti la Giostra le scaramanzie erano pressoché quotidiane, in particolare ricordo di aver sempre rispettato una tradizione; dopo l’estrazione delle carriere passando da piazza S. Michele appoggiavo per qualche secondo la mia lancia sullo stemma di ceramica del quartiere incastonato nella parte bassa della piazza, questa è una consuetudine che ho sempre rispettato dalla prima all’ultima Giostra.
Un aneddoto particolare fu quando durante la settimana del quartierista di giugno 2003 (Sant’Andrea non vinceva dal ’99) fu ingaggiato per uno spettacolo il circo “Spagnoli” che fra le varie attrazioni esponeva dei bellissimi pitoni. Mi fu detto che questi rettili erano animali che portavano molta fortuna e mi convinsero a toccarli e prenderli in mano, ma non solo, mi fu data la pelle che aveva appena cambiato uno di questi pitoni dentro una bustina di plastica per rendere il rituale ancora più sicuro. Il sabato feci sia la sfilata che la Giostra con la pelle di pitone in testa, sotto l’elmo da capitano, e ricordo che una volta vinto, mi tolsi l’elmo ed iniziai a sventolare come un matto questa pelle di pitone in segno di vittoria.
Sotto l’elmo altre volte ci ho portato le zampe di lepre, ma non sempre hanno portato fortuna, perlomeno non come la mia maglietta di cotone e le mie bretelle! Fra l’altro le bretelle dovevano avere un potere molto forte, dato che quando smisi di fare il capitano le ho passate a mio nipote per la sua prima Giostra in cui si vestiva, gliele consegnai la sera prima dicendogli: “Visto che non hai mai vinto, mettiti queste bretelle che qualche Lancia d’oro l’han portata a casa!”. Quando tornò vittorioso al quartiere decisi di regalargliele.
Chiudo con una cosa risaputa, io ho avuto tantissimi palafrenieri da capitano, per un motivo ben preciso… difficilmente offrivo una seconda opportunità. Se non vincevamo il mio palafreniere sapeva benissimo che non avrebbe ricoperto più quel ruolo, chi lo ha fatto più di una volta è perché se lo è meritato vincendo”.
Un ultima domanda Andrea, hai mai trovato qualcuno più scaramantico di te?
“L’unico era Martino Gianni…”
(Continua…)
Leonardo Maccioni