Riprendono le interviste di Corrergiostra. Questa volta i protagonisti sono alcuni degli uomini delle scuderie dei quattro quartieri, personaggi che hanno un legame particolare con i giostratori e i cavalli. Il terzo che abbiamo incontrato è Roberto Carboni detto Ciccino, uno dei più storici rappresentanti del gruppo scuderie “Franco Ricci” di Porta Sant’Andrea.
Sono ormai tanti anni che ti vediamo a stretto contatto con i cavalli e cavalieri biancoverdi, come nasce questa tua passione?
“Se dovessi scegliere una data precisa ti direi 1997. Io già montavo a cavallo con gruppo di amici e mi si presentò l’occasione di acquistare la cavalla del nostro ex giostratore Maurizio Sepiacci che si chiamava Santa Barbara (con cui fra l’altro lui aveva appena corso e vinto la quintana di San Secondo Parmense). Ecco posso dire che dal momento che ho iniziato ad avere un rapporto quotidiano con questi animali mi si è aperto un mondo che come vedi ancora oggi mi rimane difficile abbandonare”.
Chi è stato quello che si può considerare l’artefice del campo prove di Porta Sant’Andrea? I progetti iniziali erano ambiziosi e prevedevano già una crescita così repentina delle strutture?
“I primissimi campi prova che ha avuto sant’Andrea erano due, uno da Martino Gianni a Civitella e un altro da Maurizio Sepiacci. Questa cosa di fare gli allenamenti separati obiettivamente non era bella e così il Consiglio direttivo di allora, credo verso la fine del 2003, decise di investire per creare questa struttura che vediamo ancora oggi. I progetti erano molto ambiziosi fin dall’inizio ed il merito principale va ad Andrea Lanzi che aveva intuito che il quartiere dovesse avere dei cavalli e delle strutture proprie per essere in grado di programmare il futuro ed un ricambio generazionale. Poi va dato grande merito anche al rettore Faliero Papini e come detto a tutto il direttivo di allora che fu sicuramente molto innovativo in questa grande decisione”.
Negli ultimi anni a Sant’Andrea sono passati tanti allenatori e giostratori, puoi dirci quanto è difficile come gruppo scuderie, quando c’è un cambio di gestione, risintonizzarsi con il nuovo progetto? Ci dai il nome di un ex preparatore e di un ex giostratore ai quali sei più legato e perché?
“Sant’Andrea ha avuto per tantissimi anni come allenatore Angiolo Checcacci il quale obiettivamente aveva impostato dei metodi di lavoro che il gruppo scuderie di allora aveva assimilato totalmente e con cui si sono raggiunti anche risultati che vorrei definire molto più che soddisfacenti. Quando ci fu l’avvicendamento con Lele Formelli non posso dire che le cose siano state subito facili: innanzitutto noi eravamo abituati a vincere, e già questo ti mette tanta pressione, Manuele i cui risultati nel mondo dell’equitazione parlano per lui ha cambiato molto nel metodo di lavoro con cui eravamo abituati e noi siamo stati bravi a riuscire a risintonizzarsi con i nuovi standard che ci venivano richiesti. Credo infatti che a livello equestre l’esperienza con Lele Formelli abbia fatto crescere notevolmente il nostro quartiere. Il passaggio a Martino Gianni è stato sotto molti aspetti ancor più rivoluzionario, lui per me è il più grande in assoluto, un innovatore unico nel suo genere che ha cambiato totalmente il metodo di allenamento rispetto a prima, ma sia noi del gruppo scuderie che i giostratori lo abbiamo seguito fin da subito senza compromessi. Voglio aggiungere che quello di Martino è stato un ritorno che molti aspettavano da tanti anni (me compreso) e che ha dato l’opportunità a tante generazioni che erano cresciute soltanto con il “mito” di Martino di poterlo avvicinare e conoscere. Credo proprio che anche lui sia molto contento di questa scelta, fosse per lui la sera non si andrebbe mai via da qui!.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda se devo fare un nome fra i tanti che ho conosciuto dico Stefano Cherici. Con il Bricceca ho un rapporto che va al di la della Giostra, pensa che gli sono stato dietro dal 2000 fino al 2017, ho trascorso praticamente accanto a lui tutta la sua carriera e devo essere sincero che quando smise di correre mi ha attraversato anche a me l’idea di rallentare il mio lavoro alle scuderie… poi però Tommaso Marmorini mi ha chiesto di diventare il suo palafreniere e non ho potuto dire di no!”.
Descrivici un po’ il gruppo scuderie di Porta Sant’Andrea.
“Allora io su questo sono sempre stato molto convinto: chi si avvicina alle scuderie deve imparare ad amare i cavalli ancor prima che il quartiere. Qui lo spirito di sacrificio è indispensabile e se finisci il tuo lavoro prima degli altri non è che vai via prima, ma ti metti ad aiutare chi è più indietro di te. Detto questo devo dire che nel nostro gruppo ci sono tanti ragazzi giovani a cui sono anche molto legato e che hanno capito o stanno comunque capendo appieno quale è lo spirito che bisogna avere qui dentro. Io poi sono sempre dalla loro parte perché il futuro sarà tutto loro e noi più anzianotti dovremmo presto imparare a lasciare i vari ruoli di responsabilità che ricopriamo, e vedendo queste nuove leve crescere sono sicuro che il quartiere è in ottime mani”.
Ci racconti un aneddoto emozionante della tua lunga storia da palafreniere?
“Giostra del 2015 a settembre, eravamo al giovedì mattina e Stefano Cherici non aveva ancora mai provato nemmeno un giorno in piazza Grande a causa di problema fisico. Il giorno prima il suo cavallo Pepito era stato portato in piazza da Tallurino giusto per farlo abituare un po’ ma sinceramente le possibilità che Stefano riuscisse a correre sembravano davvero pochissime. Verso l’ora di pranzo ricevo la telefonata dal rettore (mio fratello) che mi dice: “Alò ti aspetto al campo prove che c’è il Bricceca che fa un paio di carriere di prova”. Lasciai tutto sul tavolo come era e mi precipitai al campo. La tensione si poteva tagliava a fette, c’era un silenzio mai sentito. Stefano parte per la prima carriera… 5. Parte per la seconda carriera… un altro 5 netto. Dentro di me mi si accese un fuoco che se ci penso ancora oggi mi vengono i brividi, ed infatti quella Giostra la portammo a casa”.
Qualcosa che non ti ho chiesto ma che vorresti raccontare?
“Allora voglio sfogarmi e dirti una cosa che mi fa soffrire molto: quella di non essere mai riusciti a fare cappotto. Gli anni d’oro con Stefano ed Enrico sono stati bellissimi ma spesso dopo che avevamo vinto a giugno ci siamo sentiti forse troppo forti, forse troppo appagati o non so che altro, fatto sta che questa ossessione di non avercela mai fatta è un qualcosa che spero di riuscire ad esorcizzare quanto prima!”.
Leonardo Maccioni